E se non fosse solo camminare? Io amo pensare che non lo sia, o almeno che lo sia, ma come me lo immagino io. Camminando si compiono in continuazione movimenti. Le gambe contraggono muscoli che spostano il nostro peso, gli occhi oscillano tra il cielo, i piedi e la marca delle scarpe del nostro compagno di viaggio, le mani sudano indecise su quale parte del corpo supportare. Ma la mente? Quella vola, vola altissima, lei vede già la cima, lei sa perché lo stai facendo. Ed è proprio lei che allevia la fatica, che ti fa sperare che dopo la curva veramente spiana, che andare piano non vuol dire non essere all’altezza, ma che è il viaggio ad essere la vera meta.
La montagna mi ha fatto scoprire la mia fragilità. La nostra onnipotenza davanti ad una salita erta è ridicola, fa proprio ridere. La nostra invincibilità adolescenziale con quei 15 chili sulle spalle e con i polpacci in fiamme, svanisce. Questo ci rende fragili, forse addirittura deboli e ci porta a cercare l’Altro. Colui che sta vicino a noi, che con noi cammina, sogna, ama, cresce e che puzza, sicuramente puzza, forse fa meno fatica, forse di più, forse non è ancora abbastanza stanco per capirti, ma tu vedi in lui qualcosa. Quel qualcosa ha fatto nascere le amicizie più belle della mia vita. Sentire di condividere la propria fragilità, senza dire nulla, solo fermandosi e rubando dell’acqua, solo chiedendo quanto manca, solo grazie ad un sorriso pieno di gocce di sudore.
Ed è quando ti mostri fragile che inizi ad essere più forte e la tua mente che prima si spiegava alta nel cielo, ora plana un po’ verso il basso e ti sussurra: “Ora è il momento!” Spostando il prossimo passo, muovendo ancora gli occhi, capirai che sei nuovo, che sei in sintonia con te stesso, che la fatica è fondamentale per cambiare, per arrivare, per essere. Ma soprattutto che chi ti sta accanto ora è parte di te, del tuo essere, umano e fragile e che tu sei parte di qualcosa di grandissimo e meraviglioso che è la natura. E nemmeno te ne accorgi: sei in cima e sei Libero.
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